Da quattro anni non eri più mio paziente, ma in qualche modo un po’ tutti abbiamo sempre avuto a che fare con te. Per questo mi è sembrata strana la sorpresa dei miei colleghi alla notizia del tuo suicidio.
La psicosi non ti aveva catturato al 100%, ti lasciava delle piccole aree in cui potevi guardarti attorno, in cui potevi guardare indietro per fare un bilancio della tua vita.
La tua vita…
Una vita punteggiata dalle terapie mensili, senza le quali entravi in stati paranoidei pericolosissimi, tu, che di carattere eri mite e profondamente buono. Una vita in cui i deliri a volte ti invadevano penetrando in ogni angolo del tuo essere, devastando la tua mente, rendendoti impossibile, facendoti completamente scordare ogni affetto, occultandoti anche le cose più banali della realtà quotidiana.
E nei periodi intercritici io avvertivo palpabile la tua amarezza, anche se dignitosamente ne nascondevi l’esistenza.
Mi ha sorpreso la sorpresa altrui.
So bene che tu rischiavi di ucciderti proprio quando stavi bene, quando la tua mente poteva essere sufficientemente lucida da vedere che la tua vita era una non-vita.
In questo periodo stavi bene. Eri sensato, sufficientemente razionale. Sei sparito, e nessuno riusciva a trovarti. Nessuno voleva credere che volessi ucciderti, eppure io dentro me lo sapevo.
E ti hanno ritrovato ieri.
Ora sei libero… Non soffrirai più…
Nota: Successivamente a questo post ne scrissi un secondo in risposta ad una utente.
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