Tempo fa ho ricevuto in dono da una persona a me molto cara delle musiche di Bach. Purtroppo buona parte di esse sono deteriorate e mi trovo in questo momento, mentre scrivo, ad ascoltarle una per una per identificare i brani leggibili e salvarli quindi sul pc.
Sto quindi cominciando a trovare le tracce sane e sono immersa nella musica d’organo. Son sola in casa, raramente riesco infatti ad aver la pace di ascoltare musica e spesso non lo faccio perché nulla mi irrita più di essere interrotta.
Le cuffie mi rimandano suoni antichi in un intreccio sconvolgente i cui effetti stento a identificare e ai quali non credo di poter dare nome. Nelle emozioni senza parola percepisco il petto vibrare forte e una inspiegabile voglia di piangere che non è tristezza ma è come trovare una via di fuga dall’anima al corpo e dal corpo all’anima.
Qualcosa di eterno vibra trovando risonanza in strati di coscienza che non sapevo di avere, che mi appartengono ma non sono miei personali; mi appartengono come essere umano, forse, o forse come essere vivente. Una vibrazione cellulare, oserei dire genica, che scava laddove non può arrivare nulla e nessuno.
L’anima si fa corpo, si fa matematica e fisica, diventa incarnata e si dipana attraverso meccanismi complessi racchiusi in uno strumento musicale particolarmente ingegnoso. L’anima si fa traccia, imprigionata nel supporto digitale che richiama il ricordo di quegli echi organistici suonati chissà quando.
E nel richiamo dell’anima vive la struttura della materia, chiedendo a sé la voce per poter parlare in sua vece, per potersi rendere armonica ad essa, intonata nel vagare delle onde sonore, del loro colpire ossa, muscoli, nervi e cervello.
Mani e dita di carne sfiorano o aggrediscono le tastiere per liberare ciò che anela di poter urlare, in un mondo di materia divenuta ormai morta priva di voce o ridotta a muovere l’aria in un vento inutile di parole e rumori.
Della poderosa energia racchiusa da questo nostro essere fisico, dall’infinito numero di atomi di cui ogni cosa è costituita, noi stiamo bloccando ogni via d’accesso e ogni possibile comunicazione. Perché l’anima vibra dell’energia della materia e attraverso essa può parlare, ascoltare, guardare, sentire.
Ma i canali che si aprono dolgono come ferite, disabituati come siamo a permettere un flusso lineare che possa essere percorso da questa linfa che ci rende vivi. E nell’intensità dell’ascolto la sofferenza dell’anima, esplosa attraverso il vibrare di un organo lontano nello spazio e nel tempo, dirompente mi sconquassa il petto e la gola.
E risale potente la nostalgia di un tempo, chissà in quale vita passata, in cui all’anima era dato di prendersi tempo per rincorrere le nuvole nel cielo, riscaldarsi al tramonto e bagnarsi nella calda pioggia estiva. E violento esplode il desiderio di un luogo non-luogo ove permettere che anima e corpo, sacro e profano, tempo e eterno, rincorrendosi in un mandala dinamico armonizzino i propri colori e disegnino le proprie forme in un delicato arabesque scritto nel vento e dal vento portato, in eterno, di anima in anima…
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Bellissimo e intenso post… mi hai fatto venire voglia di ascoltarne un po’ anche a me.. vado a cercare cosa ho!
Un abbraccio, Lisa
Questo articolo è stato segnalato su ZicZac.it.
Sacro Profano » » Bach – l’Anima nelle vibrazioni del Corpo
Ascoltando alcune cantate d’organo composte da Bach ho scritto ciò che mi suscitava la musica
Ciao Lisa!
Ora sto cercando di ascoltare Chopin, ma purtroppo non sono sola e vengo interrotta.
Immagino cosa dev’essere per te tentare di ascoltare musica…
Mai letto il libro “Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante”?
Ciao Alberto e benvenuto.
No, purtroppo non ho letto quel libro, ma il titolo mi incuriosisce davvero tanto. Grazie per avermelo segnalato.